Associazioni e Gruppi

La CatechesiLeggi  ­­­­–¬

“Soprattutto fate conoscere Gesù”

 

Santa Maddalena di Canossa.

 

È vivo nella tradizione comune delle famiglie il mandare i propri figli al “catechismo”. Certamente un dato importante, se pensiamo i tempi e la modernità che con le sue innovazioni devia dai valori e in ultimo dalla fede.

 

C’è da precisare intanto che per termine CATECHISMO si intende gli strumenti da utlizzare per la CATECHESI, ovvero i libri e sussidi vari. Invece è giusto dire CATECHESI, dal termine greco kat-echein, ovvero l’assimilazione organica della Rivelazione Cristiana.

Il cammino, dunque, non è prettamente legato “ai sacramenti” e dunque all’iniziazione cristiana, ma a tutte le fasce di età, infatti si parla di Cammino Catecumenale per i fanciulli o per quanti richiedono da adulti i sacramenti. Per coloro che hanno completato il cammino di formazione alla vita cristiana si dovrebbe procedere per un itinerario di crescita per gli adolescenti e giovani e così fino all’età adulta. Dunque nessuno è escluso da quello che Giovanni Paolo II chiamava “formazione permanente”.

 

Paolo VI dava questa definizione “che cosa è la catechesi? È appunto l’insegnamento fondamentale delle verità religiose, quali Gesù Cristo ha insegnato con la sua predicazione, con il suo esempio, con il suo Vangelo, mediante l’«educazione alla Fede» della Chiesa responsabile (Cfr. S. AUGUSTINL De Doctrina christiana, «Prologus»: PL 3, 15 ss.).

Tutti i battezzati, genitori in primis e comunità cristiana tutta, sono chiamati per il comando divino di divenire testimoni, educatori e annunciatori.

 

S. Maddalena di Canossa esortava suoi figli e figlie che “non vi è atto di carità più grande di far conoscere e amare Gesù”, infatti è una delle prerogative più importanti del carisma canossiano.

In parrocchia sono più di 400 i ragazzi/e, dalla I elementare alla II media, che si preparano, in forza del Battesimo che hanno ricevuto, a crescere nella fede e a ricevere la grazia che viene dai

sacramenti.

La Parola di Dio e l’Eucarestia domenicale sono le compagne di cammino per imparare ad essere amici e fratelli di Gesù il quale “non è amato perché non è conosciuto”. Egli è un invito per

ciascuno di noi perché il Signore sempre più conosciuto per poter essere amato e amato nei fratelli.

Parrocchia e oratorio sono, dunque, luoghi di formazione per i fanciulli, attraverso l’Eucaristia domenicale, la catechesi settimanale e le proposte ludico-ricreative dell’oratorio.

 

 

 

 

Iniziazione CristianaLeggi  ­­­­–¬

 

Che cos’è l’iniziazione cristiana?

 

Il termine “iniziazione” significa “entrare dentro”.

Indica il cammino attraverso il quale si entra nella vita in Cristo, cioè si diventa cristiani, “grazie soprattutto ai tre Sacramenti dell’iniziazione [Battesimo, Cresima ed Eucaristia].

Si tratta di un cammino disteso nel tempo e scandito:

  • dall’ascolto della Parola di Dio,
  • dalla celebrazione dei Sacramenti
  • e dalla testimonianza della carità.

 

Cosa si propone questo tipo di cammino?

 

«Nel contesto scristianizzato in cui viviamo, è importante creare attorno al fanciullo un ambiente di vita cristiana, rappresentato, oltre che dai catechisti e dal gruppo di catechismo, anche dai padrini, dai familiari e, almeno in alcuni momenti più significativi, dalla comunità tutta». Esso ritiene che nel campo della ICFR la parrocchia non possa e non debba sostituirsi alla famiglia che è la prima responsabile dell’educazione anche cristiana dei figli.

 

Perché un nuovo modello di “Catechismo”?

 

Iniziamo a correggere i termini. Il catechismo è lo strumento per cui si fa catechesi (esempio il libro), quindi dobbiamo parlare di cammino di catechesi.

Le cause che danno vita ad un nuovo modello di catechesi possono essere molte. Ma forse la causa principale è costituita dal fatto che l’attuale modello di ICFR non è adatto al nostro tempo.

Un tempo che ha bisogno di un annuncio più adatto e che coinvolga voi genitori, i quali siete i primi evangelizzatori dei vostri figli. Molti di voi dopo la catechesi ricevuta un po’ di tempo fa, avete bisogno forse di una rinfrescata, o comunque di un annuncio nuovo.

 

Percorso ICFR

 

Tempo dell’accoglienza:

 

1° Tappa Gruppo Betlemme

Mandato ai Genitori

  • Offrire ai genitori la possibilità di scoprire/riscoprire la bellezza della fede che vogliono trasmettere ai figli.
  • Avere un primo approccio con i fanciulli.

 

Tempo della prima evangelizzazione:

 

2° Tappa Gruppo Nazareth

La scoperta di Gesù

  • Accoglienza
  • Consegna del Vangelo e Rinnovo delle promesse battesimali.

Gesù ci parla di Dio Padre:

 

3° Tappa Gruppo Cafarnao

  • Consegna del Padre  Nostro
  • Consegna del comandamento
  • Prima Riconciliazione.

 

Tempo dell’approfondimento:

 

4° Tappa Gruppo Gerusalemme

la storia della salvezza dalla promessa al compimento

  • Ammissione tra i candidati.

 

5° Tappa Gruppo Emmaus

La comunità dei discepoli di Gesù

  • Sacramento della Confermazione e dell’Eucarestia.

 

Tempo assimilazione:

 

6° Tappa Gruppo Antiochia

  • Testimoniare la fede e l’amore per Gesù nella chiesa e nel mondo.

 

LiturgiaLeggi  ­­­­–¬

  Ministranti

  Ministri Straordinari

  Lettori

  Il Coro

Vuoi essere al servizio di Gesù...

 ...e della comunità nel servizio liturgico?

 

 

I Ministranti: chi sono?

Che importanza hanno nella nostra comunità cristiana?

Come si può diventare uno di loro?

 

I Ministranti non sono altro che dei giovani che vogliono servire il Signore aiutando il sacerdote nella celebrazione della S. Messa. Per essere un Ministrante non è necessaria nessuna dote particolare; ci vuole solo voglia di servire il Signore.

Ogni anno, la nostra Parrocchia, invita a diventare Ministranti tutti i ragazzi che hanno voglia di esserlo. C’è però un impegno da rispettare; la riunione che si tiene ogni sabato dalle 15:00 alle 15:30 circa. Da settembre a dicembre, gli aspiranti capiranno come si comporta il Ministrante di fronte ad ogni problema e ad ogni particolare situazione, diventando dei veri e propri Ministranti. Seguendo il nostro sacerdote e vivendo il Vangelo, saranno in grado di portare a termine i vari “compiti” che si devono svolgere durante la S. Messa.

 

L’istruzione “Immensae caritatis” della Congregazione dei Sacramenti (1973), segna la data di nascita del Ministero Straordinario della dell’Eucaristia.

 

Il semplice battezzato-cresimato adulto, uomo o donna, può venire incaricato della distribuzione del pane eucaristico sia durante che fuori della messa. Un fatto che ha, dapprima, suscitato in alcuni meraviglia e rifiuto, ma che si è manifestato di grande utilità pastorale. Questo è un modo concreto per far crescere la coscienza del sacerdozio comune, fondato sul battesimo.

 

La sopra citata istruzione adduce le seguenti istruzioni pratiche:

 

  1. Durante la celebrazione della messa, a motivo di un grande affollamento di fedeli, oppure per qualche difficoltà, in cui venga a trovarsi il celebrante;
  2. Fuori della celebrazione della messa quando per le distanze dei è difficile portare la Comunione agli ammalati.

 

Nella nostra parrocchia sono diverse le persone chiamate dal Signore e dal “Parroco” ad avere questo ministero così importante per la comunità parrocchiale soprattutto per gli ammalati. Sono con la loro testimonianza voce di speranza e di conforto.

 

Come ben sappiamo la Messa è costituita da due parti principali: la “Liturgia della Parola” e la “Liturgia Eucaristica” Nella Messa infatti viene imbandita sia la mensa della Parola di Dio (Ambone, da cui si proclama la Sacra Scrittura) sia la mensa del Corpo di Cristo (Altare).

 

Nella liturgia della Parola, Dio parla al Suo Popolo, attraverso la lettura della Bibbia e l’omelia del Celebrante che commenta le letture.

 

Il  servizio liturgico della lettura viene svolto, come tutti gli altri servizi, da vari ministri ad esso preposti:

  • la proclamazione del Vangelo è di competenza del Diacono, in sua assenza del Sacerdote;
  • la proclamazione delle altre letture è di competenza del Lettore.

 

Il Lettore può essere istituito o di fatto.

 

Chi è il lettore istituito?

E’ un laico al quale la Chiesa, dopo che abbia seguito una adeguata preparazione ed abbia manifestato di possedere le necessarie attitudini, affida la proclamazione delle parola di Dio eccetto il Vangelo; può anche proporre le intenzioni delle preghiera universale ed in mancanza del salmista proclamare il salmo interlezionale. Il lettore ha anche altri compiti che sono ben specificati nell’Ordinamento generale del Messale Romano ai punti 99 e 194-198. In particolare al lettore istituito  viene affidata anche la preparazione dei fedeli alla comprensione della parola di Dio.

 

Si tratta quindi di un ministero con compiti oltre che di proclamazione della Parola di Dio, di catechista, di educazione alla vita sacramentale e di evangelizzazione.

 

Presupposto fondamentale per svolgere tali delicati compiti è la conoscenza, la meditazione e la testimonianza della parola di Dio e quindi una adeguata preparazione che deve essere soprattutto spirituale, ma è anche necessaria quella propriamente tecnica.

 

 La preparazione spirituale comporta:

 

  • la formazione biblica: deve portare i lettori istituiti a  saper inquadrare le letture nel loro contesto ed a cogliere il centro dell’annuncio rivelato alla luce delle fede
  • la formazione liturgica: deve comunicare ai lettori istituiti  una certa facilità nel percepire il senso e la struttura delle Parola e le liturgia eucaristica;
  • la preparazione tecnica: deve rendere i lettori istituiti  sempre più idonei all’arte di leggere in pubblico,  sia a voce libera che con l’aiuto degli strumenti di amplificazione.

 

Chi  è  Il lettore di fatto ?

Spesso nelle parrocchie, come attualmente nella nostra, non sono presenti lettori istituiti ma, come specificato al punto 52 delle premesse al Nuovo Lezionario:

 “l’assemblea liturgica non può fare a meno dei lettori, anche se non istituiti per questo compito specifico. Si cerchi quindi di avere a disposizione alcuni laici che siano particolarmente idonei e preparati a compiere questo ministero. Se ci sono più lettori e si devono proclamare più letture, è bene distribuirle fra i vari lettori”.

 

Ecco allora il lettore di fatto: un laico, uomo o donna, al quale viene affidato il compito temporaneo di proclamare la Parola di Dio ( con l’ovvia esclusione del Vangelo) durante le celebrazioni liturgiche. Si tratta quindi di un ministero di fatto che, come gli altri ministeri di fatto (ad es. il ministero straordinario dell’Eucarestia), non hanno riconoscimento ecclesiale ma costituiscono “consistenti e costanti servizi pubblici alla Chiesa”.

 

In  parrocchia esiste un gruppo di lettori di fatto, preparati adeguatamente tramite una serie di incontri tenuti dal parroco, che ad ogni celebrazione liturgica, mediante una turnazione, garantisce la presenza di persone che si impegnano a “proclamare” bene la Parola di Dio, affinché porti buoni frutti a coloro che l’ascoltano.

 

COME PROCLAMARE LA PAROLA DI DIO

 

La lettura (o, meglio, la proclamazione) della Parola di Dio può sembrare, all’apparenza, una operazione semplice. In fondo si tratta “solo” di leggere e parlare. Dobbiamo però tenere presente che:

 

  •  lo si fa in pubblico
  • si  proclama la Parola di Dio e quindi  gli stiamo prestando la nostra voce.

 

Il lettore quindi non deve identificarsi mai con l'io che vi è espresso.

 

Io lettore devo ricordare che:

 

“Non sono io lettore  ad irritarmi, a consolare, ad esortare, ma Dio. Certo, non si deve leggere il testo con tono monotono e indifferente; al contrario, lo leggerò sentendomi io stesso interiormente impegnato e interpellato. Ma tutta la differenza fra una buona e una cattiva lettura apparirà quando, invece di prendere il posto di Dio, io accetterò semplicemente di servirlo. Altrimenti rischio di attirare l'attenzione dell'uditore sulla mia persona e non sulla parola: è il vizio che minaccia ogni lettura della Bibbia". Per questo, occorre tenere presenti alcune regole fondamentali da rispettare  per la proclamazione delle letture nella Liturgia della Parola.

  1. Il lettore deve  in primo luogo leggere i testi (non solo la lettura che si deve proclamare) per capirne il significato e conoscere il contesto della celebrazione in cui sono inseriti. Ad esempio, il senso della prima lettura è sempre collegato con quello del brano di Vangelo e la colletta (cioè la preghiera iniziale che segue il canto del Gloria e precede immediatamente la Liturgia della Parola) esprime il motivo dominante della celebrazione. Poi il lettore dovrebbe leggere diverse volte il testo ad alta voce. Solo così, infatti, ci si può rendere conto di un gran numero di difficoltà.
  2. Il lettore deve conoscere bene l'ordinamento delle letture e dei lezionari, almeno per quanto riguarda le domeniche e le feste degli anni A, B e C; i giorni feriali dell'anno I e II (anni dispari e anni pari); le messe dei santi (che offrono spesso varie possibilità di scelta).
  3. È necessario che pensi agli uditori e si regoli su di essi. Col suo modo di parlare, guardare e comportarsi deve stabilire un certo contatto con essi, creare una comunicazione. Dato che si ascoltano in maniera diversa le persone cui ci si sente legati, bisogna tener conto della relazione fra lettore e comunità. Tale relazione esiste già in una certa misura a motivo dei rapporti comunitari, che sono stati stretti nella vita quotidiana al di fuori della celebrazione.
  4. È necessario conoscere l'uso del microfono. Mantenere una distanza dai 20 ai 30 cm. Parlare direttamente nella sua direzione (regolare l'altezza e l'angolatura). Non troppo forte, in maniera chiara e disciplinata.
  5. La preparazione è indispensabile: leggere ad alta voce a casa; approfondire il testo, renderselo familiare; pensare a quello che si legge; quello che non capisco non posso neppure comunicarlo in maniera comprensibile.
  6. Articolare il testo. Fare le debite pause: la punteggiatura non è sempre un criterio attendibile.
  7. Controllare il ritmo della lettura, le pause, il volume, il tono della voce, l'articolazione, la respirazione, la melodia della frase, la cadenza, le inflessioni dialettali utilizzando eventualmente, soprattutto le prime volte, un registratore.
  8. Non accentuare troppo. Porre solo un accento principale nella proposizione. Non evidenziare gli aggettivi, le negazioni e la finale della frase.
  9. Prima di un'affermazione importante è utile fare una pausa per aumentare la tensione.
  10. Accedere con calma all'ambone. Aspettare che tutti si siano seduti e sistemati. Respirare profondamente. Cominciare a parlare lentamente.
  11. Alla fine terminare con calma. Breve pausa di silenzio prima di cominciare il salmo responsoriale.

 

PER CONCLUDERE

 

Il lettore, nell’ambito delle celebrazioni liturgiche, svolge un vero e proprio ministero a lode di Dio e per il bene della comunità radunata in preghiera.

 

Egli è uno strumento nelle mani di Signore il quale, intanto parla a lui, poi apre la sua bocca e gli affida la “missione “ di parlare ai fedeli in suo nome.

 

Compito di straordinaria importanza ed altrettanto straordinario deve essere l’impegno e la consapevolezza del lettore nel svolgerlo.

 

 

Nella costituzione conciliare sulla rifoma liturgica la “Sacrosanctum Concilium” al n. 30 riguardante la Partecipazione attiva dei fedeli così si afferma: “Per promuovere la partecipazione attiva, si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, il canto dei salmi, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo. Si osservi anche, a tempo debito, un sacro silenzio”.

In questa sezione vogliamo sottolineare la partecipazione dell’assemblea al canto. In parrocchia le celebrazioni sono accompagnate dall’organo e da altri strumenti. Lav S. Messa domenicale delle ore 10 è animata dal coro “piccole voci” guidato da Rosanna Russo, Tiziana Carrubba, Luisa Cicciarella e la maestra Nina. Alle 18 il coro accompagnato da Raffaella Salerno e/o dal piccolo maestro Angelo Pantoni.

 

Ma cosa ci dice il Concilio sul canto?

 

LA MUSICA SACRA

Dignità della musica sacra

 

112. La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio d’inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell’arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrante della liturgia solenne. Il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra Scrittura, sia dai Padri, sia dai romani Pontefici; costoro recentemente, a cominciare da S. Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel culto divino. Perciò la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all’azione liturgica, sia dando alla preghiera un’espressione più soave e favorendo l’unanimità, sia arricchendo di maggior solennità i riti sacri. La Chiesa poi approva e ammette nel culto divino tutte le forme della vera arte, purché dotate delle qualità necessarie. Perciò il sacro Concilio, conservando le norme e le prescrizioni della disciplina e della tradizione ecclesiastica e considerando il fine della musica sacra, che è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli, stabilisce quanto segue.

 

La liturgia solenne

113. L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando i divini uffici sono celebrati solennemente con il canto, con i sacri ministri e la partecipazione attiva del popolo. Quanto all’uso della lingua, si osservi l’art. 36; per la messa l’art. 54; per i sacramenti l’art. 63; per l’ufficio divino l’art. 101.

 

114. Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra. Si promuovano con impegno le « scholae cantorum » in specie presso le chiese cattedrali. I vescovi e gli altri pastori d’anime curino diligentemente che in ogni azione sacra celebrata con il canto tutta l’assemblea dei fedeli possa partecipare attivamente, a norma degli articoli 28 e 30.

 

Formazione musicale

115. Si curi molto la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e negli studentati, come pure negli altri istituti e scuole cattoliche. Per raggiungere questa formazione si abbia cura di preparare i maestri destinati all’insegnamento della musica sacra. Si raccomanda, inoltre, dove è possibile, l’erezione di istituti superiori di musica sacra. Ai musicisti, ai cantori e in primo luogo ai fanciulli si dia anche una vera formazione liturgica.

 

 

Canto gregoriano e polifonico

 

116. La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell’azione liturgica, a norma dell’art. 30.

 

117. Si conduca a termine l’edizione tipica dei libri di canto gregoriano; anzi, si prepari un’edizione più critica dei libri già editi dopo la riforma di S. Pio X. Conviene inoltre che si prepari un’edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese più piccole.

 

Canti religiosi popolari

 

118. Si promuova con impegno il canto religioso popolare in modo che nei pii e sacri esercizi, come pure nelle stesse azioni liturgiche, secondo le norme stabilite dalle rubriche, possano risuonare le voci dei fedeli.

 

La musica sacra nelle missioni

 

119. In alcune regioni, specialmente nelle missioni, si trovano popoli con una propria tradizione musicale, la quale ha grande importanza nella loro vita religiosa e sociale. A questa musica si dia il dovuto riconoscimento e il posto conveniente tanto nell’educazione del senso religioso di quei popoli, quanto nell’adattare il culto alla loro indole, a norma degli articoli 39 e 40. Perciò, nella formazione musicale dei missionari si procuri diligentemente che, per quanto è possibile, essi siano in grado di promuovere la musica tradizionale di quei popoli, tanto nelle scuole, quanto nelle azioni sacre.

 

L’organo e gli strumenti musicali

120. Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti. Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, a norma degli articoli 22-2, 37 e 40, purché siano adatti all’uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del tempio e favoriscano veramente l’edificazione dei fedeli.

 

Missione dei compositori

 

121. I musicisti animati da spirito cristiano comprendano di essere chiamati a

          coltivare la musica sacra e ad accrescere il suo patrimonio. Compongano

              melodie che abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; che

                  possano essere cantate non  solo dalle maggiori

                                  « scholae cantorum », ma che convengano anche alle

«                                     « scholae » minori, e che favoriscano la partecipazione

               attiva di tutta l’assemblea dei fedeli. I testi destinati al canto sacro

     siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche.

 

 

CaritasLeggi  ­­­­–¬

«Rivestitevi di carità…»

 

Nel 2002, per i trent’anni della Caritas Italiana, il Papa ribadiva: “Urge costruire insieme la civiltà dell’amore con un’azione caritativa globalizzata che sostenga lo sviluppo dei piccoli della terra, così che i poveri si sentono, in ogni comunità, a casa loro. Cammino da tracciare per far diventare sia le contingenze straordinarie sia la quotidiana azione promozionale in favore dei poveri punti qualificanti di una visione dell’uomo e della vita, che assuma la solidarietà come criterio originale e decisivo alla luce del messaggio evangelico.

 

Solo così, come nella parabola della grande cena, poveri, storpi, ciechi, zoppi, cioè le categorie sociali più sofferenti ed emarginate, potranno sedersi a tavola senza attendere sulla porta gli avanzi del banchetto”.

 

Anche il nostro Vescovo, nella lettera “Mi sarete testimoni”, ribadisce:

 

“La Caritas non vuole, ne deve, essere concepita come semplice forma di assistenza giacché la sua funzione è prettamente missionaria-pedagogica. Suo compito è l’educazione della comunità cristiana al costante servizio della carità con l’attenta lettura della situazione e con la ricerca di soluzioni adeguate e possibili”.

 

Alla luce di quanto sopra detto, nella nostra comunità parrocchiale da diversi anni opera un gruppo Caritas composto di persone che hanno dato la loro disponibilità.

  1. Gradante Salvatore (Responsabile)
  2. Guastelluccia Roberto
  3. Consolo Carmelo
  4. Clemente Franca

 

Durante questi anni, con i membri degli altri gruppi Caritas parrocchiali, hanno partecipato e continuano a partecipare a corsi formativi tenuti dal Diacono Giuseppe Vassalli e da personale qualificato del centro ascolto, nei locali siti a Pachino in Via Unità.

 

Il compito del gruppo Caritas, pertanto, consiste nell’adoperarsi a risolvere varie problematiche; materiali (alimenti, vestiario, medicinali, assistenza scolastica, ecc.) e spirituali (relazioni, compagnia, insegnamenti domestici, informazione, assistenza, ecc.) di famiglie o singole persone segnalate dal centro d’ascolto, sotto la direzione del Parroco, nell’intento di sensibilizzare e coinvolgere la comunità parrocchiale.

 

Gruppo MissionarioLeggi  ­­­­–¬

Si adopera a sensibilizzare la comunità parrocchiale verso le missioni

canossiane in Brasile, Tanzania, India e Filippine.

In modo particolare si interessa di “Adozioni a distanza” e dei vari

progetti curati dall’Associazione “Mano Amica – Canossiani” O.N.L.U.S.

 

Molte le famiglie che hanno aderito a tale iniziativa benefica, adottando

ragazzi e ragazze per accompagnarli nell’iter scolastico.

 

Inoltre il Gruppo Missionario, nei momenti forti del tempo liturgico e in occasioni delle feste in oratorio, sensibilizza i fedeli organizzando varie attività volte a raccogliere fondi da destinare alle missioni.

 

Per maggiori informazioni rivolgersi ai responsabili:

 

Giorgio CERRIGONE

Melita GIULIANO

http://www.manoamica.canossiani.org/

 

 

Azione Cattolica ItalianaLeggi  ­­­­–¬

Missione dell’associazione

 

 

Per l’AC rispondere alla chiamata alla missionarietà significa dare completezza all’attenzione formativa, esprimendo lo slancio di una Chiesa che, resa bella dall’incontro con Gesù, Signore della vita, sceglie di mettersi in cammino lungo le strade della storia, fedele compagna di viaggio della famiglia umana.

 

Le parole di Giovanni Paolo II, pronunciate sulla piana di Montorso davanti ad un’AC in festa, rispondono proprio al desiderio di mettersi alla sequela di Gesù nelle città e nei contesti di vita che si è chiamati a fecondare, e risuonano come un invito a vivere la vocazione alla laicità in pienezza, esplorando i sentieri della missione con competenza creativa e con passione autentica per il bene comune.

 

“A voi laici spetta di testimoniare la fede mediante le virtù che vi sono specifiche: la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la competenza nel lavoro, la tenacia nel servire il bene comune, la solidarietà nelle relazioni sociali, la creatività nell’intraprendere opere utili all’evangelizzazione e alla promozione umana.” (omelia di Giovanni Paolo II al Pellegrinaggio nazionale dell’AC a Loreto, 5 settembre 2004)

 

Proposte missionarie a misura di parrocchia

 

  La parrocchia è il luogo in cui trova spazio la scelta associativa,  chiamata ad esprimersi nella formazione, nella missione e nella carità.

 

 I “Progetti” e le “Settimane” sono alcuni degli strumenti pensati per un’AC capace di abbracciare la propria vocazione laicale  rispondendo con entusiasmo alla chiamata alla santità.

 

 “La comunità parrocchiale continua ad essere il contesto ecclesiale in cui l’AC si impegna a svolgere il suo servizio quotidiano perché la Chiesa divenga ogni giorno casa per tutti, capace di annunciare a ciascuno la speranza del Vangelo. (…) Siamo convinti che la Chiesa abbia bisogno della vocazione laicale per aprirsi sempre più alla vita, per accogliere ogni dimensione e salvarla, per diventare casa aperta, comunione offerta a tutti, vicenda di popolo.”                                                                    (dalla “Premessa allo Statuto”)

 

 

Promuovere la corresponsabilità in parrocchia

 

«Il modo di vivere nella Chiesa che corrisponde al carisma dell’AC è quello della corresponsabilità:  con la specificità della vocazione laicale intendiamo portare nella comunità la nostra testimonianza e il nostro servizio, la ricchezza che ci proviene dall’incontro con il Signore sulle strade del mondo e la dedizione alla crescita nella comunione e nella missione».

(dal Progetto Formativo).

 

Far vivere una realtà con il pensiero di tutti e coinvolgendo tutti è farla vivere in maniera più ricca: ricca non solo del pensiero, ma del cuore e della vita di tutti.

 

La corresponsabilità è la strada che anche la Chiesa ha scelto, soprattutto dal Concilio in poi, anche dandosi organismi atti ad esprimerla: i Consigli Pastorali Parrocchiali. È possibile oggi dare ad essi in maniera nuova vigore  e slancio? Con una nuova creatività e soggettività dei laici?

 

Noi vogliamo provarci!

Adesioni

 

    Aderire all’AC significa scegliere di vivere da laici la propria

chiamata alla santità, partecipando attivamente alla vita dell’associazione quale piena esperienza di Chiesa.

 

In parrocchia

 

  Dal 1951 la prima associazione presente in parrocchia. Migliaia di uomini e donne di ogni fascia di età si sono formati in seno all’Azione Cattolica. Molti vivono con nostalgia quei momenti indimenticabili…

 

La crisi del modernismo, la nascita di altri movimenti e associazioni ha portato per quasi due decenni l’associazione in crisi a livello nazionale, cosa che si è riversata anche nelle diocesi dunque nelle parrocchie.

 

Nella nostra parrocchia persone che credono all’associazione continuano il loro cammino di formazione e di collaborazione in parrocchia.

 

L’arrivo di p. Diego ha portato “freschezza” infatti quest’anno hanno iniziato il loro cammino un gruppo di 14 ragazzi costituendo di fatto l’ACR: l’azione cattolica ragazzi.

 

L’associazione si ritrova ogni Mercoledì alle ore 16:00 presso la sala S. Maddalena e ogni primo mercoledì del mese per un momento di adorazione.

I ragazzi si incontrano ogni sabato.

Gesù MisericordiosoLeggi  ­­­­–¬

 

 

Il gruppo sorto nel 1999 dall’ispirazione di M. Pina, canossiana, e, di P. Giorgio, continua il suo itinerario di fede accompagnato dalla catechesi da parte di P. Celestino. L’associazione ha un suo regolamento e una presidente nella persona della sig.ra Melita Giuliano.

 

Il gruppo si riunisce ogni mercoledì mattina alle ore 10:00 presso la Cappella dell’adorazione.

 

“Ogni atto di venerazione della Divina Misericordia deve essere un’espressione di fiducia e deve essere legato alla pratica della misericordia verso il prossimo, se al devoto della Misericordia deve assicurare tutti quei benefici che Gesù ha legato a tale devozione”

(R., p. 19).

 

 

 

Venerazione dell’immagine di Gesù Misericordioso

 

Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di P³ock. “La sera, stando nella mia cella – scrive suor Faustina – vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido (…) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te” (Q. I, p. 26). Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: “I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua” (Q. I, p. 132). Agli elementi essenziali del quadro appartengono le parole poste in basso: “Gesù, confido in Te”. “Gesù mi ricordò (…) che queste tre parole dovevano essere messe in evidenza” (Q. I, p. 138).

 

Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti: “Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce” (Q. I, p. 140). La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l’accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni – e tra loro don Sopocko – leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall’alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di suor Faustina).

 

Quale è il significato di questo quadro?

 

Il cosiddetto “luogo teologico” è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull’istituzione del sacramento della penitenza (Gv 20, 19-29).

 

A questa scena del Cenacolo si sovrappone l’avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia. “Entrambi i raggi uscirono dall’intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia” (Q. I, p. 132). Di questo scrive san Giovanni nel 19 capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che “il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime” (Q. I, p. 132). San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell’acqua e del Sangue con il sacramento del battesimo e con l’Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri sacramenti. “Alla luce del Vangelo di Giovanni – scrive don I. Rozycki – l’acqua e il sangue (…) stanno a significare le grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato” (R., p. 20).

 

L’immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l’uomo si è rivelata con totale pienezza.

 

In cosa consiste il culto dell’immagine della Divina Misericordia?

 

L’immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché‚ costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l’essenza del culto, l’infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l’atto che si trova nella parte bassa del quadro: “Gesù, confido in Te”. L’immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l’essenziale dovere cristiano, cioè l’attiva carità verso il prossimo. “Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la fede più forte non serve a nulla senza le opere” (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell’unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.

 

Le promesse legate alla venerazione dell’immagine.

 

Gesù ha definito con molta chiarezza tre promesse:

 

  • “L’anima che venererà questa immagine, non perirà” (Q. I, p. 18): cioè ha promesso la salvezza eterna.
  • “Prometto pure già su questa terra (…) la vittoria sui nemici” (Q. I, p. 18): si tratta dei nemici della salvezza e del raggiungimento di grandi progressi sulla via della perfezione cristiana.
  • “Io stesso la difenderò come Mia propria gloria” nell’ora della morte (Q. I, p. 26): ha cioè promesso la grazia di una morte felice.

 

La generosità di Gesù non si limita a queste tre grazie particolari. Poiché‚ ha detto: “Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia” (Q. I, p. 141), non ha posto alcun limite n‚ al campo n‚ alla grandezza di queste grazie e dei benefici terreni, che ci si può aspettare, venerando con incrollabile fiducia l’immagine della Divina Misericordia.

 

E’ la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: “Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Q. I, p. 27). La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: “Ora vedo che l’opera della Redenzione è collegata con l’opera della Misericordia richiesta dal Signore” (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.

 

Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l’istituzione della festa: “Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (…). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre” (Q. II, p. 345).

 

La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che “elargirà grazie di ogni genere” (Q. II, p. 294).

 

Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:

 

  • che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;
  • che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.

 

“Sì, – ha detto Gesù – la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l’azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all’immagine che è stata dipinta” (Q. II, p. 278).

 

La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:

 

  • “In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene” (Q. I, p. 132)

ha detto Gesù.

  • Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: “la remissione totale delle colpe e castighi”.

Questa grazia – spiega don I. Rozycki

  • “è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest’ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (…). E’ essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l’ha innalzata al rango di “secondo battesimo”. E’ chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia” (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione – come dice don I. Rozycki – può essere fatta prima (anche qualche giorno). L’importante è non avere alcun peccato.

 

Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che “riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia“, poiché‚ “in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto” (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che una incomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:

 

  • tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;
  • Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni – sia alle singole persone sia ad intere comunità;
  • tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).

 

Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

 

La Coroncina alla Divina Misericordia

 

Questa preghiera era stata dettata a suor Faustina da Gesù il 13 e il 14 settembre 1935 a Vilnius. Nella sua cella ha avuto la visione di un angelo, venuto a castigare la terra per i peccati. Quando ha visto questo segno dell’ira di Dio ha cominciato a chiedere all’angelo di attendere ancora poiché‚ il mondo avrebbe fatto penitenza. Quando però si è trovata al cospetto della Santissima Trinità non ha avuto il coraggio di ripetere la supplica. Solo quando nell’anima ha sentito la forza della grazia di Gesù ha cominciato a pregare con le parole che ha udito interiormente (erano le parole della coroncina alla Divina Misericordia) e allora ha visto che il castigo è stato allontanato dalla terra. Il mattino dopo, entrata in cappella, Gesù ancora una volta le ha insegnato con esattezza come bisogna recitare questa preghiera. (Q. I, p. 192 – Q. I, p. 193).

 

Don I. Rozycki spiegando il contenuto della coroncina dice che in essa offriamo a Dio Padre “il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità” di Gesù Cristo, Figlio di Dio, cioè la Sua Divina Persona e la Sua Umanità, non la stessa natura di Dio, che è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e come tale non può essere offerta a Dio Padre. Possiamo invece offrire tutta la Persona del Figlio di Dio Incarnato, poiché‚ Egli stesso “ha dato se stesso per noi quale offerta e sacrificio” (Ef 5,2).

 

Recitando la coroncina ci uniamo all’offerta di Gesù fatta sulla croce “in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero”. In essa offriamo a Dio Padre il Suo Amatissimo Figlio e dunque ci appelliamo al “motivo più forte per essere esauditi da Dio” (R., p. 27).

 

Sui grani dell’Ave Maria del Rosario ripetiamo: “Per la Sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero”, che significa – secondo lo spirito della devozione – appellarsi non tanto alla riparazione fatta da Cristo sulla croce, quanto alla Sua misericordia, che vuole offrirsi agli uomini.

 

La recita di questa preghiera è anche un atto di misericordia, poiché‚ in essa chiediamo “la misericordia per noi e per il mondo intero”.

 

Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:

 

La promessa generale legata alla Coroncina è:

  • “Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Q. V, p. 508). “Con essa – ha detto un’ altra volta Gesù – otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà” (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l’uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.

 

Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l’ora della morte:

  • “Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell’ora della morte. (…) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia” (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l’ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia – di conversione e remissione dei peccati – sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al

 

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell’ora siano esaudite:

 

  • la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
  • deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

 

“In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

 

L’ora della Misericordia

 

Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:

 

  • •invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
  • •meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
  • •Consigliava in modo particolare: “in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi” (Q V, pag. 517).
  • Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:
  • •la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
  • •deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
  • “In quell’ora - dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia
  • Diffusione del culto della Divina Misericordia
  • Parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia don I. Rozycki menziona anche la diffusione del culto della Misericordia, poiché‚ anche a questa forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l’intera esistenza e “tutte le anime che adoreranno la Mia misericordia e ne diffonderanno il culto (…) queste anime nell’ora della morte non avranno paura. La Mia misericordia le proteggerà in quell’ultima lotta” (Q. V, p. 508).
  •  

A tutti sono dirette dunque due promesse:

 

  • la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,
  • la seconda riguarda l’ora della morte.

 

Un particolare invito Gesù rivolge ai sacerdoti assicurando che “i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore” (Q. V, p. 504).

 

L’Apostolato della Divina Misericordia

 

Suor Faustina il 27 giugno 1938 ha scritto nel Diario: “Il Signore mi ha fatto conoscere la sua volontà quasi in tre sfumature, pur essendo una cosa sola” (Q. III, p. 393).

 

La prima è costituita dalle “anime isolate dal mondo/ che/ arderanno come vittime davanti al trono di Dio ed impetreranno la misericordia per il mondo intero… Ed imploreranno benedizioni per i sacerdoti e con la loro preghiera prepareranno il mondo per la venuta finale di Gesù” (Q. III, p. 393).

 

La seconda “sfumatura” sono le congregazioni che uniscono la preghiera agli atti di misericordia. “In modo particolare proteggeranno dal male le anime dei bambini (…) si impegneranno a risvegliare l’amore e la misericordia di Gesù nel mondo pieno di egoismo” (Q. III, p. 393).

 

La terza “sfumatura” deve essere costituita dalle persone che vivono fuori dai conventi. A questo gruppo “possono appartenere tutte le persone che vivono nel mondo”, che pregheranno e compiranno azioni di misericordia, almeno una al giorno. Pur non essendo “vincolati da alcun voto”, tuttavia “parteciperanno a tutti i meriti e privilegi della comunità” (Q. III, p. 393).

 

Al centro della grande comunità di devoti e di apostoli della Divina Misericordia c’è la figura di suor Faustina. Ella, in modo perfetto, ha realizzato nella sua vita lo spirito e i compiti che Gesù ha posto davanti a lei e alla “nuova congregazione”. I tentativi di fondare la “nuova congregazione” erano per lei esperienza della “notte mistica”. Grazie ad essa suor Faustina ha raggiunto le vette della mistica ed è diventata un modello visibile della via alla santità e dell’apostolato per tutti coloro che sono attratti dal mistero di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.

 

Speriamo che le persone coinvolte in questa opera siano sempre più numerose, poiché‚ il mondo ha bisogno di vivi testimoni di Dio e di mani unite nella preghiera per impetrare la misericordia, perché‚ – come ha detto Gesù a suor Faustina – “l’umanità non troverà pace, finché‚ non si rivolgerà con fiducia alla Mia misericordia” (Q. I, p. 132).

 

Gruppo GiovaniLeggi  ­­­­–¬

Nuove Speranze per la Chiesa di Dio

 

 

Il gruppo adolescenti-giovani all’interno della Parrocchia San Corrado è stato sempre una realtà importante che ha visto l’alternarsi di diversi giovani nel corso di questi ultimi anni, in quanto dopo la Cresima si è cercato di dare continuità al cammino e all’offerta formativa ai ragazzi che, esaurito il cammino della catechesi, si trovavano nella condizione di dover scegliere come proseguire la loro presenza all’interno della Parrocchia.

 

L’alternarsi dei ragazzi all’interno del gruppo ha seguito le regole, se vogliamo fisiologiche, dell’età, ovvero i ragazzi crescendo hanno intrapreso le loro attività di studenti universitari e di lavoratori che li hanno portati piano piano ad abbandonare il gruppo stesso per proiettarsi verso la maturità, fermo restando che l’esperienza del gruppo sia stata per loro un intermezzo formativo di fondamentale importanza.

Il gruppo ha tuttavia mantenuto, negli ultimi anni, un’identità ben precisa grazie anche agli sforzi e alla fiducia concessagli dagli animatori che si sono alternati dall’inizio a oggi. Ricordiamo a questo proposito Padre Pierantonio Zago, che grazie anche alla collaborazione di Franca Furnari e Marisa Alescio, diede una svolta al concetto di gruppo Giovani, facendo sentire i ragazzi parte viva della Parrocchia coinvolgendoli in numerose attività e affidando loro dei compiti per responsabilizzarli e farli sentire protagonisti.

 

Nel corso di questi ultimi anni si sono aggiunti alla conduzione del gruppo altri animatori, Padre Pierantonio è stato sostituito prima da Padre Lucio Gatto e in questo ultimo anno da Padre Damiano, per quanto riguarda gli animatori laici si sono aggiunti a Marisa e Franca, Tiziana Carrubba, Daniele Cammisuli, Katia Mallia, Joe Impera, Sara Porzio, Nunziella Covato e Luisa Cicciarella; ognuno di questi animatori segue nello specifico un aspetto dell’organizzazione del gruppo, fermo restando che l’aspetto spirituale-formativo è affidato al parroco Padre Damiano.

Il macro-gruppo si incontra tutti i giovedì alle 19:00, si inizia con un breve momento di preghiera e si prosegue con la trattazione di argomenti formativi, proposti dagli animatori e anche dai ragazzi, per poi concludere con argomenti di ordine organizzativo in merito ad attività ricreative, sportive e culturali quali feste, tornei, musical, recital etc…

 

Quasi tutti i ragazzi che compongono il gruppo sono impegnati, alla chiusura della scuola, nell’organizzazione e realizzazione del Grest, un momento attesissimo in cui ognuno di loro si sperimenta nella conduzione dei micro-gruppi formati in occasione dell’evento GREST.

Al Grest segue ogni anno un momento di convivenza e formazione (campo-scuola) che serve agli animatori come momento di verifica e di nuove proposte e ai ragazzi per ritrovarsi in un ambiente dove poter riflettere, riposarsi e interrogarsi su quelli che saranno gli impegni futuri.

 

 

Movimento Laicale CanossianoLeggi  ­­­­–¬

o semplicemente

 

LAICI CANOSSIANI

 

Non è  un nuovo gruppo,

  • ma un movimento per accrescere la  conoscenza della vita, del carisma, e della spiritualità di S. Maddalena di Canossa;
  • e poi viverlo personalmente.
  • La partecipazione a questi incontri non obbliga a niente:
  • né tessere, né impegni  spirituali,  né preghiere particolari.
  •  

CHI PUO’ PARTECIPARE?

 

Tutti coloro, uomini e donne, giovani e adulti che sentono il desiderio di conoscere il carisma di S. Maddalena.

 

Il movimento laicale Canossiano presenta un aspetto della vita – opere – carisma – spiritualità di Santa Maddalena  di Canossa. Siamo invitati a vivere questo Carisma e questa spiritualità canossiana là dove già operiamo, come:

  • catechisti
  • animatori
  • collaboratori a vario titolo nella comunità cristiana,

anche se già appartenenti ad  altri gruppi ecclesiali o come semplici  fedeli.

 

Seguire il carisma canossiano e vivere la spiritualità di Santa Maddalena di Canossa  non è riservato ai soli religiosi Canossiani e Canossiane.

 

 

Figli in CieloLeggi  ­­­­–¬

E' un gruppo che è nato per dare sostegno e conforto al dolore di tutte le mamme che hanno perso prematuramente dei figli e si riunisce ogni primo venerdì del mese.

Madre della CaritàLeggi  ­­­­–¬

 

 

E' un gruppo di 10-15 persone che si incontrano ogni 15 del Mese per recitare insieme la coroncina dell'Addolorata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Queste persone si turnano in oratorio per la pulizia dei locali e per l'apertura del piccolo bar, ma si occupano anche dell'ormai veterano “L' angolo di nonna Pippa” per soddisfare il nostro palato, durante le serate di festa e non solo, in oratorio.

Gruppo Santa MartaLeggi  ­­­­–¬

E' un gruppo che è nato più di vent'anni fa.

 

E' stato dato questo nome in riferimento a Marta di Betania, sorella di Maria che troviamo nel vangelo di Luca (10,38-42).

“Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.

 

Queste donne, come Marta, si comportano come donne di casa, sollecitate ed indaffarate ad accogliere il gradito Ospite e gratuitamente, con dedizione, volontà e umiltà si occupano della pulizia della Chiesa, sacrificandosi ogni venerdì mattina alle 7:30.

Consiglio Pastorale ParrocchialeLeggi  ­­­­–¬

 

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale è una realtà ecclesiale, viva, dinamica, un organismo che sui colloca non fuori né sopra la comunità ma all’interno di essa.

 

Ne esprime la fede, l’intima natura comunitaria e gerarchica e tutto lo slancio missionario, sarebbe falso vederlo come una struttura organizzativo-funzionale, di pochi “eletti” o una centrale di studi e di programmi, oppure uno strumento democratico (viene eletto ogni cinque anni) che, grazie al principio dell’uguaglianza e della partecipazione alla vita della chiesa diventa luogo di rivendicazione ponendosi in contrasto o in concorrenza con la gerarchia. Il CPP intende essere espressione della comunione ecclesiale, luogo di impegno pastorale:  rappresenta l’intera comunità parrocchiale.

 

È segno e strumento che esprime e favorisce la comunione del parroco con l’intero popolo di Dio e dei fedeli con il loro pastore.

 

In particolare studia e promuove quelle iniziative che ritradurranno sul piano operativo:

 

  1.   riflettere sulla vitalità religiosa della parrocchia riguardante soprattutto la conoscenza e l’adesione alla fede, la pratica ai sacramenti, la vita morale e l’esercizio della carità e della giustizia, la partecipazione alla vita ecclesiale e sociale.
  2.   individuare le esigenze primarie e programmare gli interventi secondo precisi piani pastorali.
  3.   decidere le attività concrete, i mezzi adeguati per attuarle e seguirne la realizzazione.
  4.   al suo interno la formazione cristiana e la testimonianza viva alla comunità, pur sapendo di essere peccatori dinnanzi a Dio e ai fratelli.

 

Nella Parrocchia di San Corrado è costituito il Consiglio Pastorale Parrocchiale, come organismo di comunione e di corresponsabilità, a servizio della comunità parrocchiale, per la crescita della Chiesa e la sua missione nel mondo.

 

È formato da cristiani che si impegnano a vivere l’adesione di fede a Gesù Cristo, ad ispirare le loro scelte al Vangelo e a partecipare alla vita ecclesiale.

 

Funzione

 

Il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha funzione consultiva. Le sue proposte devono essere frutto di un discernimento compiuto insieme, sotto la guida dello Spirito. E pertanto, specialmente se espresse a larga maggioranza, sono pastoralmente impegnative.

 

Compiti

 

I compiti del Consiglio Pastorale Parrocchiale sono:

 

  1. conoscere e analizzare la realtà della Parrocchia e del territorio;
  2. promuovere, sostenere, coordinare e verificare tutta l’azione pastorale della Parrocchia, in armonia con il piano pastorale diocesano e le indicazioni del Vicariato
  3. favorire la comunione di associazioni, movimenti e gruppi parrocchiali tra loro e con tutta la comunità.

 

I Consiglieri

 

  1. BLANDIZZI MARCO(A C R)
  2. BUSCEMA MARIA(GRUPPO MARTA)
  3. CANNELLA CORRADINA(GRUPPO MISSIONARIO)
  4. CARMELA ARIALE(ORATORIO)
  5. CARRUBA TIZIANA(GIOVANI)
  6. CAVALIERE KATIA(GRUPPO CATECHISTI)
  7. CIMINO SALVATORE(LETTORI)
  8. CONSOLO CARMELO(GRUPPO MINISTRI EUCAR.)
  9. CUTELLO VINCENZA(CILII)
  10. DR.SGANDURRA GINO(COOPTATO)
  11. GIANNI’ CARMELA(A.CAT.ADULTI)
  12. GRADANTI SALVATORE(CARITAS)
  13. P. LORENZO PIASENTIN(PARROCO)
  14. P. PIETRO BETTELLI(SUPERIORE COMUNITÀ E VICARIO)
  15. PADRE CELESTINO MORI(VICARIO)
  16. PADRE PIETRO CATTELAN(VICARIO)
  17. RITROVATO CORRADO(C,A.E.P.)
  18. SCOPA RINA(GRUPPO GESÙ MISERICORDIOSO)

 

Consiglio Pastorale Affari EconomiciLeggi  ­­­­–¬

 

Cos’e il Consiglio Pastorale Affari Economici (CPAE)

 

Il Consiglio parrocchiale per gli Affari Economici (C.P.A.E), è l’organismo che promuove ed esprime la collaborazione responsabile dei laici con il proprio parroco alla gestione amministrativa della Parrocchia, tenendo conto delle finalità proprie dei beni ecclesiastici quali:

  • l’esercizio del culto;
  • il decoroso e conveniente sostentamento del Clero e delle persone in servizio della parrocchia;
  • le attività pastorali e caritative.

 

È distinto dal Consiglio Pastorale Parrocchiale e opera nella sfera di sua competenza in conformità alle direttive pastorali diocesane e alle norme canoniche e civili.

 

Scopi del CPAE

 

  1. coadiuvare il parroco nel predisporre il bilancio preventivo della parrocchia, elencando le voci di spesa prevedibili per i vari settori di attività individuando i relativi mezzi di copertura;
  2. approvare alla fine di ciascun esercizio, previo esame dei libri contabili e della relativa documentazione, il rendiconto consuntivo;
  3. esprimere il parere sugli atti di straordinaria amministrazione;
  4. curare la stesura e l’aggiornamento annuale dello stato patrimoniale della parrocchia, il deposito dei relativi atti e documenti presso la Curia diocesana (cfr. can. 1284, § 2, n. 9) e l’ordinata archiviazione delle copie negli uffici parrocchiali;
  5. ferme restando le norme ecclesiastiche in materia, studiare i modi e promuovere iniziative per sensibilizzare la comunità al dovere di contribuire alle necessità della parrocchia, della diocesi e della Chiesa universale e valutare l’opportunità di nuove collette a favore della parrocchia.

 

Poteri del consiglio

 

Il C.P.A.E. ha funzione consultiva non deliberativa. In esso tuttavia si esprime la collaborazione responsabile dei fedeli nella gestione amministrativa della parrocchia in conformità al can. 212, § 3. Il parroco pertanto ne ricercherà e ne ascolterà attentamente il parere, non se ne discosterà se non per gravi motivi e ne userà ordinariamente come valido strumento per l’amministrazione della parrocchia. Ferma resta, comunque, la legale rappresentanza che in tutti i casi spetta al parroco, il quale è amministratore di tutti i beni parrocchiali a norma del canone 532.

 

Composizione attuale

 

1. Sac. Lorenzo Piasentini

2. Sac. Bettelli Pietro

3. Acquaviva Biagio

4. Frazzetto Giovanni

5. Lupo Franca

6. Ritrovato Corrado

 

A.N.S.P.I.Leggi  ­­­­–¬

Associazione Nazionale San Paolo Italia

(http://www.anspi.it/)

 

Associazione

Peculiarità dell'ANSPI è l'anima educativa che si esprime attraverso gli oratori e i circoli giovanili. Il punto di partenza è il valore di ogni persona chiamata ad identificarsi e a misurarsi con gli altri operando in "relazione" in una dimensione di profondità e di trascendenza; considera appieno la concretezza di ogni singolo ambito di vita valorizzando al massimo le risorse umane di cui può disporre per una proposta educativa integrale ed unitaria.

 

Nazionale

L'obiettivo è di fare Oratorio con una prospettiva nazionale; valorizzando le esperienze esistenti e promuovendone altre a misura delle esigenze dei singoli contesti ed in risposta alle istanze presenti nei singoli luoghi.

 

Civile

La volontà di partecipare allo sviluppo della Società italiana si traduce nel ricercare il bene per tutti i suoi componenti. Educando ad essere cittadini attivi e responsabili. Interpretare le autentiche istanze della gente, elaborare i progetti realizzabili, dar corso ad iniziative concrete che diventano la modalità di esercizio della "passione civile" dalla quale traspare la Carità Cristiana.

 

Ecclesiale

Nata nell'ambito ecclesiale vi trova la sua ragion d'essere e di operare, facendosi interprete e strumento della preoccupazione educativa.

 

Origini

Nasce nel contesto "Conciliare" (1962-1965) che ha visto la comunità ecclesiale porsi in dialogo con la modernità, in ascolto ed in ricerca degli elementi positivi che da essa si potevano trarre. Fondata da Mons. Battista Belloli "prete degli Oratori", per dare piena legittimità agli Oratori di operare nel tessuto sociale per l'educazione integrale dei giovani.

 

Popolarità

La proposta educativa è rivolta a tutti, pone attenzione alle esigenze della Famiglia con particolare riferimento alle fasce sociali più deboli e meno tutelate. Si afferma in una visione di partecipazione diffusa alla realizzazione, alla gestione ed alla fruizione dei servizi educativi, ricreativi e culturali.

 

Pastoralità

Definisce la sua presenza ed il suo ruolo nel contesto dell'azione pastorale della Chiesa, ed in particolare della parrocchia. Il servizio che compie è di far sperimentare e rendere evidente, attraverso l'esperienza dell'Oratorio, l'amore di Dio mediante uomini e donne che si esprimono nel reciproco dono di sè, capaci di generare cultura lungo il solco ecclesiale della tradizione pedagogica.

 

Educare

Le nuove prospettive date dalla globalizzazione esigono l'assunzione di una dimensione di mondialità e di interculturalità nei rapporti educativi. Lo stabilirsi di nuove dinamiche e l'affermarsi di nuovi linguaggi estendono l'azione educativa oltre i limiti consolidati della tradizione.

 

Fare Oratorio

Fare Oratorio è possibile ovunque. Significa affermare uno stile educativo che fa dell'esperienza il suo perno, della valorizzazione delle esperienze il suo esercizio di discernimento e della costruzione di esperienza la manifestazione della sua capacità creativa e di animazione.

 

 

DIRETTIVO A.N.S.P.I. DEL NOSTRO ORATORIO

 

Padre Lorenzo Piasentini (Parroco) – Presidente Onorario

Padre Pietro Bettelli (Direttore dell’Oratorio) – Presidente

Cammisuli Daniele (Vice- presidente)

Fallisi Paolo (Segretario)

Gatto Salvatore (Tesoriere)

Femminile Letizia (Consigliere)

Frasi Joe (Consigliere)

Impera Joe (Consigliere)

Napolitano Corradina (Consigliere)

Tanasi Andrea (Consigliere)

 

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